Intervista a Daniele Gualdani, Amministratore Unico di LEM INDUSTRIES.
In un periodo di grande incertezza economica, l’azienda LEM, facente parte del Gruppo LEM INDUSTRIES e specializzata nel settore dei trattamenti superficiali per accessori metallici di lusso, ha intrapreso una strada coraggiosa e ambiziosa.
Nonostante le difficoltà globali, Daniele Gualdani, Amministratore Unico di LEM INDUSTRIES, ha deciso di investire in un nuovo stabilimento a Bucine (Arezzo), chiamato “LEM FENICE” come simbolo di rinascita.
In questa intervista, Gualdani ci racconta la visione a lungo termine del Gruppo e dell’azienda LEM, e come la crisi possa essere l’opportunità per costruire un futuro di eccellenza, sempre nel segno del Made in Italy.
Dopo tre anni di incertezze, LEM ha recentemente inaugurato il nuovo stabilimento LEM FENICE. Cosa rappresenta per voi questa nuova fase?
LEM FENICE è molto più di un nuovo sito produttivo. È il simbolo della nostra capacità di reagire, di non arrenderci di fronte alle difficoltà. Dopo l’incendio che nel 2021 ha distrutto il nostro primo stabilimento, non ci siamo fermati. Abbiamo continuato a lavorare con fatica e sacrificio, cercando soluzioni alternative. Ora, con la nuova sede, vogliamo lanciare un segnale di speranza, non solo per noi ma anche per tutta la comunità locale e il settore. LEM FENICE non è un punto di arrivo, ma un trampolino di lancio per un futuro ancora più solido.
Il nuovo stabilimento LEM FENICE include innovazioni significative in termini di sicurezza. Può parlarci di queste?
Uno degli aspetti fondamentali del nostro nuovo stabilimento è la sicurezza. Abbiamo compiuto un passo in avanti importante proprio in quest’area. LEM FENICE è dotato di un sistema connesso e digitalizzato, che può essere interfacciato con l’intelligenza artificiale per monitorare costantemente il rischio incendio e ottimizzare risorse, lavoro e processi. Questo approccio non solo migliora la sicurezza, ma ci consente anche di essere più reattivi e proattivi nella gestione dei rischi, riducendo significativamente la possibilità di incidenti.
La crisi economica che il settore moda sta attraversando è importante, ma nonostante le difficoltà LEM sceglie di investire, andando di fatto controcorrente. Come si inserisce questo coraggio nelle vostre strategie?
Andare controcorrente non è mai facile; richiede determinazione, ma soprattutto una visione chiara del futuro. In LEM abbiamo obiettivi e strategie ben definiti, che necessitano di investimenti significativi in infrastrutture e risorse umane.
Il nostro nuovo stabilimento attualmente, da questo punto di vista, è completato per due terzi e soprattutto è pensato per sostenere una crescita importante e durare nel tempo.
In sintesi con la FENICE non vogliamo solo riprenderci, ma costruire una realtà solida e resiliente, che diventi un punto di riferimento per il settore e il territorio.
Daniele, lei è anche il presidente del Gruppo Zonale Valdarno di Confindustria Toscana Sud. Qual è il ruolo di LEM in questo contesto?
Essere presidente del Gruppo Zonale Valdarno di Confindustria Toscana Sud mi offre una visione privilegiata sulla situazione economica del territorio, fortemente influenzato dal settore moda. La crisi attuale impatta non solo le singole aziende, ma l’intero ecosistema economico locale.
In veste di presidente mi impegno a stimolare le amministrazioni locali a supportare il nostro tessuto produttivo, con interventi su infrastrutture, sburocratizzazione e semplificazione amministrativa, nonché sul sostegno agli investimenti privati.
Inoltre, ritengo cruciale concentrarsi sul capitale umano, migliorando la collaborazione con le scuole per aumentare l’occupabilità giovanile.
In questo contesto, LEM è un esempio di resilienza e determinazione. Non solo continua a crescere e innovare, ma vuole anche diventare un punto di riferimento per le altre imprese, offrendo un segnale di speranza che possa ispirare il territorio e stimolare la ripartenza.
Parlando di settore moda, quali sono le sfide principali che si stanno affrontando oggi?
Il settore moda sta attraversando una situazione complessa, di cui oggi percepiamo solo la punta dell’iceberg. Questo fenomeno è dovuto principalmente alla mancanza di una corretta tracciabilità della filiera, che inizia con la necessità di revisionare i codici ATECO.
L’improvvisa crescita della domanda nell’immediato post-Covid, alimentata dal “revenge spending” – ovvero la forte richiesta di scarpe, borse e altri beni a compensazione degli acquisti non effettuati durante la pandemia – ha portato rapidamente all’accumulo di stock nei magazzini.
A questo quadro si sono aggiunti la crisi immobiliare cinese, l’aumento dei prezzi da parte dei brand e una serie di fattori esterni ed errori sistemici che hanno accelerato la crisi.
Il Governo ha già riconosciuto che quanto sta accadendo nel Valdarno, data l’elevata concentrazione di aziende nel settore e la varietà delle loro caratteristiche, rappresenta un campione significativo di ciò che sta accadendo a livello nazionale.
Cosa ritiene possa essere utile fare per risolvere questi problemi?
Prima di tutto, ritengo sia fondamentale lavorare alla tracciabilità della filiera. Oggi, la trasparenza è più importante che mai, e la tracciabilità aiuterà a dare valore aggiunto a ciò che i consumatori acquistano.
Il passaporto digitale del prodotto, che permetterà ai consumatori di conoscere ogni fase della produzione e di identificarne ogni fornitore, sarà la chiave per costruire fiducia nel sistema moda.
Solo con un approccio trasparente, in grado di dimostrare il valore intrinseco dei prodotti, i brand potranno valorizzare la loro offerta e giustificare il prezzo dei loro prodotti.
Qual è il futuro di LEM, e come pensa che possa influenzare il futuro dell’intero settore?
Il nostro obiettivo è chiaro: vogliamo far crescere LEM, non solo come azienda, ma come simbolo di una nuova visione del settore moda e del Made in Italy. Puntiamo su qualità, innovazione e trasparenza per guidare il cambiamento.
Se riusciremo a implementare queste strategie, e se il nostro esempio verrà seguito da altre realtà, potremo contribuire a trasformare il settore, facendo tornare l’Italia al centro della scena internazionale, non solo per la sua tradizione, ma per la sua capacità di innovare e di affrontare le sfide con coraggio.
LEM ha sempre avuto un’attenzione particolare verso la sostenibilità. Come si è evoluto questo impegno nel tempo?
Già prima che la sostenibilità diventasse un tema centrale nel dibattito globale, LEM aveva avvertito l’esigenza di riciclare le materie preziose. Per noi, questo non è mai stato un semplice trend, ma una necessità industriale, e proprio per questo motivo, quando il mondo ha iniziato a occuparsi di sostenibilità, noi eravamo già mentalmente pronti.
Il nuovo impianto FENICE e anche le nuove soluzioni impiantistiche che stiamo sviluppando, grazie all’apporto fondamentale delle diverse società della nostra Holding, sono risposte concrete anche in questo senso.
Cosa significa per LEM essere contoterzisti in un settore tanto competitivo?
Essere contoterzisti significa essere i custodi di un know-how unico, che ci permette di sopravvivere e prosperare in un mercato competitivo. La nostra strategia di Holding è volta ad acquisire sempre più know-how, sia dal punto di vista tecnologico che industriale. Solo così possiamo continuare a essere i migliori nel nostro lavoro e rispondere alle sfide del mercato.
Infine, come vede il futuro del Made in Italy nel contesto globale?
Il futuro del Made in Italy è nelle nostre mani. Non dobbiamo limitarci a celebrare la nostra tradizione, ma essere pronti a innovare, a fare sistema, e a costruire una filiera trasparente e tracciabile. In questo modo, non solo potremo rispondere alla crisi, ma anche dimostrare al mondo che l’eccellenza italiana è in grado di affrontare le sfide globali, rimanendo sempre fedele ai suoi valori.